Nel fervore economico generato dal Superbonus 110%, circa 11.000 imprese edili italiane hanno avuto un destino effimero: aperte e chiuse nel giro di soli tre anni. Un’analisi dei dati di InfoCamere, riportati da Il Sole 24 Ore, evidenzia un trend di forte espansione e successiva contrazione del settore edilizio legato direttamente alla misura incentivante.
Dall’introduzione del Superbonus con il decreto Rilancio a maggio 2020, il numero delle imprese iscritte al Registro delle Imprese ha visto un incremento significativo. Tuttavia, questo slancio iniziale ha perso vigore nei successivi anni 2022-2023, come dimostra il calo nel numero delle imprese attive.
Dal momento di massima espansione a settembre 2020, quando il Superbonus è entrato pienamente in vigore, fino alla sua progressiva riduzione — passando dal 110% al 90% a fine 2022 e ulteriormente al 70% a fine 2023 —, il settore ha assistito a una vera e propria emorragia di aziende: oltre 10.924 aziende hanno cessato la loro attività.
Il dato non sorprende Federica Brancaccio, presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), che riconosce in questi numeri una tendenza già osservata con il bonus facciate. “Molti sono gli operatori che, attirati da condizioni normative favorevoli e dall’assenza di restrizioni stringenti all’ingresso, si sono lanciati nel mercato senza le dovute qualifiche,” spiega Brancaccio. “Questo ha portato anche a un aumento delle frodi, un fenomeno che sarebbe interessante analizzare più a fondo.”
L’Ance aveva precedentemente sollecitato che solamente imprese con qualifiche specifiche dovessero accedere ai lavori del mercato privato sfruttando i bonus edilizi. Solo a partire dal 2022, infatti, è stata introdotta la qualificazione SOA per lavori che superano i 516.000 euro con i bonus edilizi, una mossa che ha cercato di regolamentare il flusso e la qualità delle nuove imprese.